
Non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo. Ciechi che pur vedendo, non vedono.
(Cecità – JosèSaramago)
Ecco questa frase è una delle tante che rimbalzano subito nel cervello delle persone appena si apprende la notizia dell’ennesimo suicidio fra le fila degli appartenenti alle Forze Armate e di Polizia, ennesimo e purtroppo, quasi sicuramente, non l’ultimo, un modo estremo per fuggire alle forti pressioni di questa vita.
In termini di percentuale la media dei suicidi all’interno delle Forze dell’ordine è di gran lunga superiore rispetto alla media nazionale, ma questo non basta a porre una giusta attenzione su quanto accade ad uomini e donne che hanno scelto di indossare una divisa.
A quanto pare tutto questo non basta a dare vita ad un tavolo tecnico che affronti realmente le problematiche degli uomini in divisa, che li tuteli e scongiuri tutte quelle azioni e decisioni che qualche Comandante di corpo prende a cuor leggero senza considerare che dentro la divisa c’è una donna, un uomo con la rispettiva famiglia.
Ultimamente si sono istituiti di ascolto psicologico, seppur apprezzabile, tali iniziative non sembrano essere ancora sufficienti in quanto la fruibilità di tali strumenti è subordinata alle infermerie Regionali che non possono garantire la riservatezza necessaria, quindi proprio per evitare problematiche lavorative, il militare che vive il disagio si chiude in se stesso cadendo in quel circolo vizioso che spesso risulta senza uscita, perché c’è il rischio di essere demansionati, isolati, trasferiti e ripercussioni sulle note caratteristiche e quindi sulla carriera.
Sembra assurdo che proprio quelle istituzioni che istruiscono i propri dipendenti ad essere empatici, solidali, vicini alla cittadinanza, quando si tratta di un proprio uomo, risulta distaccata e punitiva.
Quando accade che un carabiniere, poliziotto o militare si toglie la vita si cerca di capire sempre la causa scatenante e si tende sempre a voler riportare l’accaduto a situazioni private, ma è necessario ricordare che la maggior parte di tempo lo si trascorre a lavoro.
E’ accade che proprio quelle donne ed uomini che hanno dovuto gestire situazioni in cui hanno dovuto far desistere cittadini a compiere l’orribile gesto di togliersi la vita, loro stesso lo compiono in quanto disperati.
Dall’inizio dell’anno 2022, 44 sono stati i casi di suicidio tra le forze dell’ordine,
sul suicidio ci sono diverse correnti di pensiero ma ciò che accomuna le une alle altre è la natura multifattoriale, ovvero che le cause possono essere ricondotte a più fattori, ma se è vero quello che prima abbiamo detto e cioè che il lavoro è il contesto sociale nel quale trascorriamo più tempo, sicuramente sarà la componente più importante che determina una decisione orribile.
La maggior parte degli studiosi di questo insopportabile fenomeno sono concordi che solo in rari casi la causa scatenante è una, infatti nella stragrande maggioranza il malessere scaturisce da tante piccole ingiustizie e torti subiti che portano ad un rigetto per la vita.
Un luogo di lavoro sereno sarà sicuramente di supporto a tutti gli eventuali disagi che la vita ci pone davanti e invece si continua a ridurre personale e nel contempo a chiedere di più.
Cosa possono fare le Amministrazioni per evitare determinate realtà? Senza togliere il potere decisionale ai Comandanti di Corpo, deve porre in essere tutte quelle azioni che qualora venisse dimostrato davanti ad un’autorità gerarchica o ad un giudice che le decisioni prese erano palesemente sbagliate, il dirigente che le ha poste in essere ne subisca le conseguenze, solo così vedremo sanzioni disciplinari, trasferimenti, abbassamento di note e altri tipi di coercizioni diminuire.
UNITEVI A NOI.