
Carabinieri: LA PRESUNZIONE DI NON COLPEVOLEZZA: ESTENSIONE ANCHE AI MILITARI RITARDANDONE FINO A SENTENZA DEFINITIVA SANZIONI, ALLONTANAMENTI E DANNO D’IMMAGINE, CHE SI RITORCONO IN DANNO FISICO E PSCOLOGICO, SPESSO DALLE CONSEGUENZE NEFASTE.
Il Siulm Carabinieri comunica che, ha scritto al Comando Generale dei Carabinieri affinché per quanto di sua competenza, applichi la regola prevista dall’ ART. 27, co.2, della Costituzione Italiana che afferma che “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”.
Si riporta integralmente il testo della lettera inviata al Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri: << Questa Associazione Sindacale, con la presente, chiede all’ Illustre Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri di variare la normativa vigente ed il regolamento interno a favore di quei colleghi che coinvolti in procedimenti penali, ne vengono assolti in formula piena1 . La presunzione di non colpevolezza, affermata dall’ ART. 27, co.2, della Costituzione Italiana afferma che “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”, dovrebbe essere valida per tutti coloro che si trovano sul territorio italiano e non, purtroppo, come accade oggi, per la divisione in categorie, tra cittadini “normali” ed “appartenenti alle FF.PP.”.
La colpevolezza o meno di un individuo, tranne se vi sia un quadro accusatorio particolarmente grave e con prove inconfutabili, va provata in dibattimento (vie ordinarie), provando l’accusa, che oltre ogni ragionevole dubbio, il soggetto imputato è stato effettivamente l’autore del reato attribuitogli. Salvo, varie ipotesi di riti speciali, nella normalità dei casi (e solo di essi ci occuperemo in questa casistica, per non confondere ulteriormente le idee), si ha una fase di indagini (di cui spesso l’imputato ne è all’oscuro), un rinvio a giudizio, un processo di primo grado, basato sull’oralità, dunque sul contraddittorio delle parti, una sentenza di proscioglimento o condanna, un eventuale appello di secondo grado ed un sempre possibile riesame della sentenza per motivi di diritto, tramite la Suprema Corte di Cassazione (garantito dalla Costituzione art. 111).
Ovviamente tra indagini, sentenze, impugnazioni ecc. vi sono dei tempi biblici e la “RAGIONEVOLE DURATA DI UN PROCESSO” sancita dall’ art. 111, comma 2 della Costituzione è stabilita dalla Legge: in tre anni il primo grado, due il secondo e uno la Cassazione, a cui vanno aggiunti mediamente 18 mesi di indagini (12+6). Quindi a conti fatti chi incappa nella Giustizia si trova ad avere l’incognita del proprio futuro per ben 6/7 anni, salvo prolungamenti vari, che possono prolungare questi tempi fino all’intercorrere della prescrizione. Nel frattempo, o successivamente si ha la discrezionale procedibilità da parte dell’Amministrazione, di applicare ulteriori sanzioni Amministrative, nonostante la decorrenza dei termini o la sfortunata scelta di intercorrere in riti premiali alternativi. Quindi il dipendente pubblico delle FF.AA. o FF.PP. che incappa in un procedimento penale a qualsiasi titolo, si trova immediatamente catapultato nell’ incognita del proprio futuro sia della propria vita privata, lavorativa che nella carriera futura.
Di fatto, se si viene denunciati per mera antipatia da un collega a cui non si sottostà, da un passante o da un vicino di casa, nonché da mogli o compagne con separazioni in corso, si entra in un giro vizioso, in cui il povero malcapitato, seppur assolto perché “il fatto non sussiste”, si troverà “rovinato a vita”, sempre se, a termine del processo abbia ancora una vita, non abbia fatto gesti estremi o non sia ormai un emarginato. Al momento del recepimento dell’avvio delle indagini o al solo momento della querela, contro un militare, si innesca la fredda macchina della burocrazia, che senza ragioni, allontana il mal capitato (come un appestato) dalla sua famiglia e dimora, lo proietta in un nuovo e lontano mondo, lo allontana dall’affetto dei suoi cari e dal luogo ove meglio può esercitare il suo diritto alla difesa, lo marchia di infamia ed isola, gli preclude ogni possibilità di carriera ed infrange i suoi sogni presenti e futuri.
Al termine del procedimento e se, il mal capitato, ne uscirà pulito da tutte le accuse e senza procedimenti disciplinari a suo carico, non si vedrà riconosciuto il suo diritto a far rientro nella precedente sede di servizio, non gli verranno estesi i termini di partecipazione ai concorsi interni (in pari misura degli anni in cui vi è stata impedita la partecipazione a concorsi o interpellanze), non si vedrà ripagare dall’ Amministrazione il danno morale, d’immagine e biologico, arrecatogli con anni di frustrazione, sempre che nella peggiore delle ipotesi, non sia stato SOSPESO dal servizio, a stipendio ridotto e senza la possibilità di poter sostentare economicamente la sua famiglia, magari esercitando una seconda professione (vietata anche qualora si sia sospesi, pena la cessazione del rapporto lavorativo), ma al contrario, deve soccombere, patire le pene dell’inferno, trovarsi solo ed in balia degli eventi, senza sapere dove “sbattere la testa”, con parenti ed amici che lo guardano come un mostro o un criminale, non sapendo i fatti “reali” e che non vige nessuna condanna sul povero malcapitato, che oltretutto, non riesce a far fronte alle spese legali, al mutuo, alle spese sanitarie, ecc. .

Per Noi, che “viviamo di stipendio”, lo stesso è la nostra “linfa vitale”, su cui contiamo mese dopo mese per andare avanti tra mille sacrifici. Dov’è la tanto decantata solidarietà dell’Arma, il senso di giustizia e la riservatezza sancita dal D.lgs. n. 188/2021, che entrato in vigore il 14 dicembre 2021, introduce nuove e più stringenti direttive UE, imponendo all’art.2 il divieto assoluto alle Autorità Pubbliche di indicare come colpevole una persona sottoposta ad indagini o imputata fino a sentenza irrevocabile? Perché sei un servitore dello Stato, devi subire le angherie dei molti (se non di tutti) e trovare sempre la “parola dolce” con chiunque per non essere MAI denunciato, neanche per fatti irreali ed immaginari, perché le conseguenze, sono purtroppo, reali ed immaginabili.
Questa discriminazione di trattamento tra cittadini di serie A, B, e Z, deve avere fine e la “Legge”, ed applicazione di essa, nelle sue mille sfaccettature deve essere “UGUALE PER TUTTI”, chiediamo pertanto che a livello normativo si ponga fine a queste sperequazioni e che sia introdotta la responsabilità penale, civile ed amministrativa di chi, senza una sentenza irrevocabile, prende iniziative disciplinari nei confronti dei militari coinvolti in vicende giudiziarie, senza che le stesse abbiano avuto esito e che venga immediatamente risanata la progressione di carriera, la possibilità di partecipare a concorsi ed il rientro nella precedente sede di servizio (d’ufficio, con annessi benefici) dei militari assolti con “formula piena”, qualora questi ne gradiscano il ritorno. >>
LA SEGRETERIA NAZIONALE SIULM CARABINIERI ha chiesto, allo Spettabile Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, di farsi promotore di una soluzione interna che non pregiudichi più, l’intera esistenza del povero malcapitato e che anzi, riscatti la sua immagine e che ne offra l’estensione a concorsi ed attività, estendendone i limiti di età se superati a causa della lungaggine dei procedimenti.
1 Formula piena i due casi di assoluzione “perché il fatto non sussiste” o “perché l’imputato non ha commesso il fatto”.
Tutela legale stragiudiziale gratuita per gli iscritti, visitate il sito per vedere le convenzioni riservate agli iscritti.!
Unitevi a noi… Dalla parte del collega sempre!
www.siulm.it
Il Sindacato Unitario Lavoratori Militari (SI.U.L.M.) è un Associazione Professionale a Carattere Sindacale tra Militari (A.P.C.S. M.) InterForze riconosciuta e iscritta al nr. 18 dell’Albo del Ministero del Difesa. Noi siamo un organismo di riferimento per la tutela dei diritti del personale con le “stellette”, nati nel 2018 dalla brillante idea di 15 Militari appartenenti all’Esercito Italiano, all’ Aeronautica Militare ed all’Arma dei Carabinieri. L’abrogazione della norma sul divieto di costituire associazioni ha spinto questo gruppo di pionieri, animanti dalla sensibilità e dal senso di prodigalità nei confronti dei colleghi in difficoltà e precari, a staccarsi dalle vecchie logiche della rappresentanza militare. per abbracciare il nuovo credo: “Tutelati Sempre”.
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