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SINDACATI MILITARI: L’AMMINISTRAZIONE VUOLE SPEGNERE LA VOCE DEL DISSENSO

Mentre molti colleghi faticano ancora a credere nella forza dei sindacati militari e nella loro capacità di cambiare un sistema che da troppo tempo penalizza ruoli fondamentali, l’Amministrazione ha compreso benissimo il potenziale rischio di un’inversione di tendenza. E la reazione non si è fatta attendere: ostacolare, ridurre, silenziare.

È evidente ormai che non si tratta solo di disinteresse, ma di una strategia chiara e condivisa anche con una certa parte politica: quella di rendere vana l’azione sindacale alla radice, togliendo tempo, risorse e motivazioni a chi ha scelto di rappresentare e tutelare i diritti dei militari.

L’ultimo colpo basso arriva a seguito della recente approvazione del provvedimento che disciplina il reclutamento e la funzionalità delle pubbliche amministrazioni nel quale si stabilisce l’equiparazione tra distacco sindacale ed aspettativa. Una scelta gravissima che determina una significativa perdita economica da parte di tutti i dirigenti sindacali i quali  oltre a perdere – come avviene da anni – il FESI, si vedrebbero ora decurtato anche lo stipendio e, soprattutto, la posizione previdenziale. Una penalizzazione economica e contributiva che rischia di scoraggiare qualunque forma di impegno sindacale, specialmente per chi crede che il sindacato debba essere uno strumento di rivendicazione attivo e non solo simbolico.

Siamo di fronte ad un palese attacco al diritto di rappresentanza, che nei fatti vuole ridurre i sindacati militari a semplici comitati consultivi senza voce né potere. Dopo l’introduzione delle norme stringenti sul diritto allo svolgimento delle attività sindacali apportate col decreto legislativo 14/2025, il Governo mette le mani nelle tasche dei dirigenti delle APCSM sottraendo loro importanti risorse stipendiali con la conseguenza di isolarli e quindi di spegnere il motore della partecipazione.  

Il SIULM non ci sta.

Non possiamo accettare che la tutela dei diritti del personale militare venga ostacolata da chi dovrebbe invece garantire trasparenza, dialogo e progresso. Non possiamo accettare che chi alza la testa per rivendicare equità ed eguaglianza venga punito economicamente e professionalmente.

Ai colleghi che ancora dubitano del valore dell’impegno sindacale, diciamo: questo è il momento di scegliere da che parte stare. Perché oggi colpiscono noi, ma domani a pagarne il prezzo sarà tutto il personale in uniforme.

La divisa ci unisce. Ma solo se uniti possiamo difendere la dignità di chi la indossa.


SIULM - Sindacato Unitario Lavoratori Militari

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